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Gli italiani all’estero e la Pandemia: il disastro Londra – TG Plus FOCUS

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Come si vive l’emergenza pandemia in Inghilterra, soprattutto dopo la Brexit? Qual è la situazione dei nostri connazionali che in tempi non sospetti hanno scelto Londra come luogo in cui vivere e lavorare? Lo abbiamo chiesto a Roberta Tomassetti, 31enne che da sei anni risiede nella capitale britannica. “Fino all’ultimo il Governo Johnson ha mantenuto tutto aperto dando vaghi consigli, senza prendere decisioni ufficiali. Il lockdown inglese è iniziato il 23 marzo, praticamente un mese dopo le prime zone rosse in Italia. Una decisione, quella dell’Esecutivo conservatore, presa forse a cuor leggero. E lo dico a ragion veduta, dato che la mia famiglia è del Lodigiano. Ho notato quattro settimane di menefreghismo diffuso fino a quando non è esplosa l’emergenza”.

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Nemmeno dopo il 23 marzo c’è stata una vera e propria chiusura. “Solo alcune aziende hanno optato per la sospensione delle attività, su base volontaria o a discrezione, magari per una sanificazione. In generale quasi tutto è rimasto aperto, con conseguenze negative. Meglio è andata sul fronte scolastico, consentendo il servizio a favore dei figli dei lavoratori essenziali, un qualcosa reso possibile dal crollo della frequenza scolastica del 90%”. Sul fronte sanitario, almeno, l’Inghilterra non è rimasta a guardare. “Sono sorti diversi Covid-Hospital, denominati Nightinghale (dedicati alla figura di Florence, pioniera delle crocerossine, ndr), per accogliere i malati all’interno dell’emergenza. Un’ottima idea però attuata con grande ritardo come per tanti altri ambiti”.


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