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Il DPCM minaccia il 50% delle imprese del turismo e ristorazione – TG Plus FOCUS

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Intervista esclusiva a Mario Pozza, presidente della Presidente Camera di Commercio di Treviso – Belluno | Dolomiti

 

Ai microfoni del TG Plus, il Presidente Camera di Commercio di Treviso – Belluno | Dolomiti, Mario Pozza, ha definito la situazione delle imprese, soprattutto del turismo e della ristorazione, “molto grave”.

Dopo il lockdown, alcuni settori stavano registrando un segnale di ripartenza ed era ritornato un po’ di ottimismo. Compatibilmente con la situazione contingente, i mesi di luglio e agosto sono andati bene per il turismo, soprattutto interno. Inoltre, il Natale e i Mondiali di sci alpino 2021 a Cortina d’Ampezzo facevano ben sperare per la ripresa.

In questi mesi le imprese hanno investito molto, hanno fatto tutto ciò che il governo chiedeva per adeguarsi alle nuove norme anti-contagio.

L’ultimo DPCM ha distrutto quel barlume di ottimismo e speranza.

Nella serata di lunedì 26 ottobre, oltre 3000 imprenditori e partite IVA hanno protestato pacificamente in piazza a Treviso con un’invocazione rivolta al Governo “Fateci lavorare!”.
Una manifestazione analoga a quelle viste in tantissime altre città di tutta Italia, che ha dimostrato la forte volontà dei trevigiani di far vivere le imprese e di creare occupazione.

“Se un imprenditore scende in piazza, vuol dire che non ha più altre risorse, che ha perso le speranze”, ha sottolineato Pozza.

Infatti, gli imprenditori interpretano l’ultimo DPCM come un “lockdown nascosto”. Queste misure dovrebbero durare fino al 24 novembre, ma per come sta andando la situazione, secondo Pozza, difficilmente in quella data si potrà tornare alla normalità.

A risentirne maggiormente sarà il settore della ristorazione, assieme al mondo della cultura così come teatri e cinema, palestre e piscine, associazioni sportive dilettantistiche e impianti sciistici. Tutte queste attività avevano investito parecchio tempo e danaro per adeguarsi alle richieste del Governo, ma ora sono costretti a chiudere. Di conseguenza, verranno colpiti anche tutti servizi di supporto collaterali a queste attività.

Secondo il presidente della Camera di Commercio, il governo deve modificare immediatamente questo Decreto: non è possibile che in Trentino – Alto Adige le attività della ristorazione possano continuare fino alle 23, e a pochi chilometri di distanza non sia possibile.

Insieme agli imprenditori, è sceso in piazza anche l’assessore Federico Caner, per chiedere nuovamente a gran voce quell’autonomia che ci potrebbe permettere di operare scelte più adeguate alle esigenze del Veneto.

Secondo Pozza, è innegabile che vi sia un’Italia a due velocità. Indubbiamente il Nord ha bisogno del Sud, e viceversa, ma non possiamo avere le stesse identiche regole, né venire governati in modo uguale. È necessaria un’autonomia differenziata.

La situazione è critica.
Secondo le stime della Camera di Commercio, circa il 50% delle aziende del settore turistico e della ristorazione è a rischio a seguito dell’ultimo DPCM. In Veneto, la prima regione turistica d’Italia, sono 30.306 le imprese legate al settore turistico, di cui 4.300 sono strutture alberghiere, le restanti sono attività di servizio e della ristorazione.

Peraltro, oltre ai danni inflitti dal lockdown e dal nuovo decreto, sta emergendo un nuovo problema: la malavita organizzata va infiltrandosi nel nostro tessuto sociale.

Un ulteriore dato negativo, poi, riguarda le iscrizioni delle aziende alla Camera di Commercio: il calo delle iscrizioni imprese nella provincia di Treviso è pari al 30%, mentre nella provincia di Belluno il dato si attesta al 40%. Se non c’è impresa non c’è produzione e ricchezza da riversare nel territorio, e di conseguenza c’è decrescita. Il Veneto, una delle principali regioni italiane per esportazione, non può permettersi di perdere competitività.

Finora non sono state registrate molte chiusure, ma è un dato da prendere con le pinze: molte attività stanno semplicemente aspettando di vedere cosa succederà per poi chiudere. Perché, ricorda Mario Pozza, “servono soldi anche per chiudere un’attività”.


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