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Su Netflix il biopic che racconta la vita del calciatore italiano più amato al mondo

 

«A un certo punto della mia vita mio padre era diventato come un nemico, perché era sempre rigido, severo, ma alla fine è stato lui la base di un’educazione che mi ha imposto di non arrendermi mai, di non mollare, di andare sempre oltre. A volte si hanno problemi con i genitori, ma poi ci si accorge di loro quando non ci sono più». Così Roberto Baggio parla visibilmente commosso del padre Florindo, scomparso l’anno scorso. L’occasione è stato il recente incontro stampa di presentazione de “Il Divin Codino” di Letizia Lamartire, biopic sulla sua carriera targato Netflix, in associazione con Mediaset, disponibile sulla piattaforma di streaming a partire da oggi, mercoledì 26 maggio.

La fiction, con il soggetto e la sceneggiatura di Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, mette in scena, con i giusti tempi drammaturgici e tanta musica, i 22 anni di vita agonistica di un campione anomalo come è stato Baggio, anche sulle note di “L’uomo dietro il campione” di Diodato. E proprio come indica il titolo della canzone canzone, mette in scena la vita privata, familiare, di Baggio (interpretato da un credibilissimo Andrea Arcangeli), soprattutto il rapporto con un padre burbero che doveva gestire, insieme alla moglie Matilde, una famiglia composta da otto figli. Si parte dagli esordi nel Lanerossi Vicenza, passando poi al controverso calcio di rigore della finale di Coppa del Mondo 1994 tra Italia e Brasile, fino al mondiale mancato di pochi anni dopo. E ancora i suoi terribili incidenti, l’amore e odio con i tifosi e con gli allenatori (con il sospetto che gli facessero ombra) e, non ultimo, la sua adesione al buddhismo nel 1988.

Nel film Netflix manca una sua squadra di riferimento come Fiorentina, Juventus o Brescia. Presentando il film Roberto Baggio ha dato questa spiegazione, “Tutto è basato sul mio rapporto con la Nazionale. Non voglio dimenticare tutte le squadre con cui ho avuto l’onore di giocare: sono state tutte importanti e a tutte loro devo dire grazie”.


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